Teatro

RIGOLETTO VIRTUOSO AL CARLO FELICE

RIGOLETTO VIRTUOSO AL CARLO FELICE

Genova, teatro Carlo Felice, “Rigoletto” di Giuseppe Verdi

UN RIGOLETTO VIRTUOSO

A Genova, per festeggiare l’anno verdiano, dopo il  Macbeth, opera “sperimentale” che prelude alla maturità, è la volta di Rigoletto,  uno dei titoli più popolari del teatro musicale, verdiano e non. Il Carlo Felice non è nuovo a esperienze “low-cost” (ricordiamo il Gianni Schicchi in collaborazione con Ikea) e la nota virtuosa di questa nuova produzione è che si tratta di un allestimento messo insieme con “scarti di magazzino”.
Lo scenografo Enrico Musenich  ha infatti costruito un impianto scenico gradevole e pertinente riassemblando materiale scenografico diverso disponibile nei magazzini del teatro. Chissà per quale opera sono stati un tempo realizzati i fondali dalle eleganti architetture rinascimentali in bianco e nero che illuminati di rosso (luci di Luciano Novelli) marcano l’atmosfera dissoluta della corte? O il paesaggio oleografico di un giardino all’imbrunire visto dalla terrazza di un palazzo.. L’effetto bric-a-brac, più che negli arredi  (generici ma funzionali), si respira nelle  coreografie in un tripudio di cortigiane discinte e dorate, putti ed  efebi alati che rendono la corte inutilmente sovraffollata.
Fortunatamente le scene successive sono focalizzate sui protagonisti con maggiore coesione drammatica. Con un cambiamento a vista la corte s’inabissa, scendono pannelli e si crea davanti ai nostri occhi una casetta di pietra a due piani con tanto di muro di cinta e cortile che con poche modifiche fornirà poi l’ambientazione per la locanda di Sparafucile; di lato una zona d’ombra, quasi un fuori scena, destinata al rapimento e all’agnizione finale. Il lungo cambio scena a vista, con tanto di rumori, prove luci, attrezzerie a tutto campo è  un omaggio  voluto nei confronti di un teatro (e di un palcoscenico)  dalle grandi potenzialità che si vuole mostrare al suo pubblico e fare capire quello che c’è “dietro”  in attesa di tempi migliori.

Il grande baritono fiorentino Rolando Panerai, con la collaborazione di  Vivien A. Hewitt, ha firmato la regia di uno spettacolo tradizionale (e se vogliamo didascalico), ma funzionale per rappresentare la vicenda con giusta naturalezza. I personaggi non sono stereotipati né eccessivamente caricati e si evita la banalizzazione: Rigoletto è gobbo, ma non deforme, e  viene sottolineato il gesto di mettersi e togliere la giubba (e si pensa a Pagliacci!) per distinguere la realtà dalla finzione, ovvero la “falsa” dimensione pubblica da quella privata. Gilda è giovane e pura, ma non così sprovveduta e  anche Maddalena  acquisisce una luce nuova quando, chiudendo il sacco, capisce che si tratta di una donna e ne rimane turbata intuendone il sacrificio d’amore.

Note positive anche sul fronte musicale. Alberto Gazale è un Rigoletto giovane e moderno, dalla recitazione dotata di giusto pathos e umana verità, ma asciutta e ben calibrata. La voce possente si presta allo scarto drammatico e si riconosce un interprete generoso che trionfa nei momenti d’invettiva  e disperazione. La linea di canto non è sempre  curata e in certe momenti si vorrebbe un canto più sfumato e ricco di mezzevoci.
Nino Machaidze, non solo per la presenza fisica ed un volto incantevole, ha forte presa sul pubblico e ce la ricordiamo qualche anno fa in Sonnambula a Genova prima che trionfasse sulle scene internazionali. La voce è maturata ed ha acquisito maggiore corpo nel registro centrale,  trilli e colorature sono meno spettacolari, ma gli acuti sono più rotondi ed il canto chiaroscurato crea una Gilda estranea a ogni smanceria che emana un’insolita ( ma pertinente) sensualità gioiosa.
Jean- François Borras ha voce chiara e leggera d’impostazione belcantista che ben esprime la giovanile quanto fatua leggerezza del Duca e si apprezza un canto elegante dall’emissione morbida che solo nella salita all’estremo acuto perde in lucentezza.
Avevamo di recente apprezzato Andrea Mastroni nel Macbeth ed anche nel ruolo di Sparafucile  la voce profonda del giovane basso milanese si conferma di grande interesse per il colore scuro e l’emissione curata.
Annunziata Vespri è una Maddalena provocante  e ammiccante come vuole la tradizione,  l’abbigliamento da odalisca con la pancia nuda fa un po’ sorridere, ma  il canto è corretto ed il quartetto ne giova.
Autorevole e ben cantato il Monterone di Fabrizio Beggi, piuttosto debole la Giovanna di Roberta Cotrozzi. Nei ruoli minori si distinguono Claudio Ottino (Marullo) ed Enrico Salsi (Borsa). Completano il cast Alessio Bianchini ( il Conte di Ceprano), la Contessa di Benedetta Torre, l’usciere di Gian Piero Barattero e il Paggio di Elisabetta Valerio.

Equilibrata la direzione di Carlo Rizzari che non sovrasta il canto, ma lo accompagna con giusta misura nel rispetto delle dinamiche narrative e dei picchi di tensione; ispirata l’introduzione orchestrale al terzo atto. Precisi gli interventi del coro preparato da Patrizia Priarone.

In questa occasione ci ha fatto piacere riscontrare il  forte coinvolgimento di un pubblico numeroso  che ha dimostrato gradire spettacolo e interpreti.

Visto a Genova, teatro Carlo Felice, il 3/03/2013

Ilaria Bellini